Leucemia mieloide cronica, guarigione possibile: ecco la nuova cura
Guarire dalla leucemia mieloide cronica? Grazie ad una nuova cura, sarebbe ora possibile. A dirlo è l’esperienza clinica di alcuni pazienti, che dopo essersi sottoposti ad un trattamento sperimentale, potrebbero a breve sospendere la terapia poiché perfettamente guariti.
Al momento, uno studio clinico sta cercando di comprendere come e in quali casi può verificarsi questo sorprendente risultato.
Leucemia mieloide cronica – Cos’è
Si tratta di una malattia molto rara. In Italia, le nuove diagnosi sono circa 1.000 l’anno, ma grazie ai brillanti risultati ottenuti dalla ricerca scientifica, la terapia è riuscita a fare passi da gigante. Basti pensare che appena 10 anni fa, chi contraeva questa malattia veniva già “condannato a morte”.
Le nuove terapie oggi disponibili permettono di agire su due diversi fronti. In primis, potendo contare sul trapianto di midollo osseo, è possibile sfruttare l’azione di alcuni medicinali biologici reputati inibitori della tirosin-chinasi, che vanno a contrastare la malattia nelle fasi iniziali.
Nel corso di una fase più avanzata, invece, è possibile monitorare la patologia grazie all’utilizzo del nilotinib. Praticando questa terapia, gli specialisti hanno rilevato che il 50% dei pazienti finisce con l’ottenere una risposta molecolare in grado da far pensare ad una completa guarigione e all’immediata sospensione della stessa.
Al momento, l’osservazione è fondata esclusivamente sull’esperienza clinica, pertanto, non è ancora possibile sapere, senza timori di smentite, con quali e quanti malati è possibile ottenere questi risultati.
Nuova terapia – Possibili sviluppi
Esperienza clinica o meno, i dati sembrerebbero essere tanto incoraggianti, al punto da dare inizio ad una sperimentazione, infatti, è in procinto di partire una ricerca internazionale che si pone come obiettivo quello di valutare una possibile sospensione della terapia vincolata all’assunzione di nilotinib.
Questa nuova ricerca potrà contare sul prezioso contributo di 160 pazienti. Un numero che di primo impatto apparirebbe modesto, ma che in realtà risulterebbe estremamente significativo, data la rarità della malattia. Con molta probabilità lo studio sperimentale si concluderà nel 2018, non resta che incrociare le dita.